Il risk management d’impresa alla prova dei rischi emergenti

Ci sono le minacce informatiche, che con un + 169% di attacchi registrati nel 2022 rispetto al 2021 (dati Clusit) fanno dell’Italia uno dei Paesi maggiormente nel mirino degli hacker. Ci sono i fenomeni climatici, ormai sempre più frequenti, intensi e con effetti di crescente gravità. Ci sono, poi, la perdurante incertezza geopolitica, le interruzioni delle catene di approvvigionamento, i costi dell’energia e delle materie prime e molte altre fonti di criticità per le aziende.

Il quadro dei rischi, insomma, sta cambiando e crescendo. E di fronte a questa evoluzione sta crescendo anche la sensibilità delle imprese verso una loro efficace gestione.

A confermarlo è anche la ventunesima edizione dello European Risk Manager Report di FERMA, la Federazione Europea delle Associazioni di Risk Manager, in un’indagine condotta nel 2022 in 27 Paesi, tra cui l’Italia, e pubblicata nei mesi scorsi.

Il rischio entra sempre di più nei board

Il tema del rischio è sempre più considerato all’interno dei board e dal top management e i risk manager sono coinvolti in misura crescente nelle strategie aziendali.

Il 61% ad esempio dichiara di lavorare sui rischi strategici, il 40% contribuisce alla valutazione dei rischi di sostenibilità e al loro impatto sulla strategia corporate e il 33% effettua l’analisi di differenti scenari all’interno del business plan.

Maggiore attenzione ai rischi ESG

Col crescere della importanza della sostenibilità per lo sviluppo delle imprese, i risk manager dichiarano un’accresciuta consapevolezza nell’affrontare le tematiche ESG e i relativi rischi. Se infatti tre anni fa il 70% menzionava la mancanza di conoscenza adeguata come ostacolo al proprio contributo in questo ambito, oggi la percentuale è scesa al 29%.

Nel dettaglio dell’operatività, più della metà (56%) degli intervistati dichiara di svolgere o di essere in procinto di svolgere un ruolo sempre più centrale in tema di sostenibilità. Un ruolo che si declina generalmente in 4 tipologie di attività:

  • Analisi e mappatura dei rischi (70%)
  • Mitigazione del rischio (63%)
  • Misure di prevenzione e adattamento (58%)
  • Reporting regolatorio (54%).

Trasformazione digitale

Dall’analisi emerge anche una più stretta sinergia dei risk manager con l’IT e i team di sicurezza delle informazioni: il 60% collabora regolarmente con loro, permettendo lo scambio di informazioni e conoscenze tra le funzioni, o detiene la responsabilità complessiva di tutte queste aree.

Le tecnologie più utilizzate nella gestione del rischio sono complessivamente invariate rispetto agli anni precedenti e vedono tra le principali la data analysis (62%) e le applicazioni web-based (54%).

Non mancano però gli ostacoli all’implementazione del digitale, tra cui come principali risultano l’elevato investimento che queste tecnologie comportano (45%) e la mancata percezione di un valore aggiunto per la funzione (39%).

Il mercato assicurativo e il ruolo del broker

È proprio in uno scenario di rischio in rapida evoluzione come quello di oggi che i broker, nel loro ruolo di intermediari professionisti a metà strada tra le imprese e il mercato assicurativo, possono fare la differenza per i loro clienti.

Se le grandi aziende sono in generale le più “avanti” nell’attivazione di misure di prevenzione e gestione, il tessuto produttivo italiano, come è noto, è costituito in prevalenza di piccole e medie imprese che hanno ancora un basso livello di copertura assicurativa. I broker, grazie alle loro competenze e alla conoscenza delle caratteristiche ed esigenze di ogni territorio, possono contribuire a una capillare diffusione della cultura del rischio aiutando le aziende a proteggere le loro persone, i loro asset e le loro attività.

Ne abbiamo parlato ampiamente quest’anno nel corso dei due grandi appuntamenti annuali – il Convegno e l’Assemblea pubblica – dove abbiamo messo al centro due dei grandi rischi dell’attualità, il cambiamento climatico e la sicurezza informatica.


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