Obbligo copertura NatCat per imprese: la parola al Segretario Generale Pietro Negri

A chi si rivolge l’obbligo di copertura? Anche alle imprese che hanno i capannoni in affitto?

Dal lato soggettivo la norma si rivolge espressamente a tutti gli imprenditori. È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. L’impresa, quindi, è l’attività economica organizzata dall’imprenditore. Per quanto nel linguaggio comune il termine “azienda” vada a ricomprendere un insieme molto ampio di attività commerciali, esso è usato solitamente in modo improprio. L’azienda è “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa“. Civilisticamente parlando, dunque, non può esistere impresa senza azienda. Alla luce di ciò, “terreni, fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali” rientrano nel concetto di azienda. L’azienda, ovviamente, può ricomprendere anche altri mezzi oltre quelli indicati dal legislatore. L’imprenditore, nell’ambito della sua attività, sarà tenuto – però – ad assicurare contro le calamità naturali soltanto i mezzi ed i macchinari contenuti espressamente nella disposizione e la cui definizione costituisce un limite di applicazione oggettivo.

Il rinvio operato all’art. 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3) del codice civile, funge – giuridicamente parlando – da “rinvio mobile” ad una determinata categoria di beni che per loro natura devono essere protetti da una serie di eventi potenzialmente in grado di pregiudicare la continuità operativa dell’impresa. Probabilmente il Legislatore ha voluto che tali beni vengano assicurati per quegli eventi anche a prescindere dalla loro titolarietà, quindi anche nel caso in cui l’imprenditore ne abbia la disponibilità senza esserne il proprietario. Certo anche questo dovrà essere considerato negli aspetti pratici perché potrebbe dare adito a diversi problemi operativi (ad esempio, nel caso in cui il Proprietario non abbia svolto alcuni interventi di manutenzione straordinaria o nel caso di beni in leasing, ecc…)

Un aspetto interessante deriva da quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che, con la consolidata sentenza 11896/2002, ha specificato che gli studi professionali “possono anche essere organizzati sotto forma di azienda professionale tutte le volte in cui, al profilo personale dell’attività svolta, si affianchino un’organizzazione di mezzi e strutture“. Uno studio professionale, quindi, può assumere il ruolo di un’impresa ma solo ove involgente una prevalente azione organizzativa, ossia di coordinamento e di controllo, che si affianca all’attività tecnica ai fini della produzione e del servizio (cfr. Corte di Cassazione, sentenza 10178/2007). Gli esercizi commerciali, invece, per loro natura sono sempre imprese.

La nuova normativa, invece, espressamente esclude le imprese agricole (art. 2135 c.c.).

Lo schema obbligatorio previsto dalla  legge di  bilancio è stato istituito a  carico  delle imprese. Tuttavia sembrerebbe che un norma inserita nella nuova normativa e lo  abbia  esteso anche  al  settore  delle  abitazioni private. 

La logica sottesa all’intervento legislativo in questione è stata quella di allargare quanto più possibile gli obblighi di assicurazione contro le calamità naturali, ricomprendendo un ampio novero di soggetti comunemente esposti. Si tratta di una novità assoluta che denota per la prima volta l’intenzione di “responsabilizzare” gli imprenditori verso certe tipologie di rischio in crescita, quanto a frequenza e intensità di accadimento. La logica viene estesa anche ai “privati” cittadini dall’art. 2, comma 2, del Dl n. 212/2023 che dispone ” 2. I contribuenti che usufruiscono dei benefici di cui all’articolo 119, comma 8-ter, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in relazione a spese per interventi avviati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono tenuti a stipulare, entro un anno dalla conclusione dei lavori oggetto dei suddetti benefici, contratti assicurativi a copertura dei danni cagionati ai relativi immobili da calamita’ naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale… “

Coloro che usufruiranno, da ora alla fine del 2025, del Superbonus 110% nei territori colpiti dagli eventi sismici a partire dal 2009, pertanto, dovranno obbligatoriamente assicurare gli immobili per danni cagionati da calamità naturali. La differenza sta nel fatto che in tal caso, non abbiamo uno specifico elenco di eventi potenzialmente dannosi ne vengono evidenziate le possibili conseguenze derivanti dalla mancata attivazione della copertura. Certo è verosimile che la conseguenza sia comunque quella che il Legislatore ne potrà tener conto “…nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere sulle risorse pubbliche,… previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali“. Insomma, la previsione segna un punto di svolta che impone una “presa di coscienza” da parte di tutti. In ogni caso la norma da ultimo richiamata prevede che ” …con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro delle imprese e del made in Italy sono stabilite le modalita’ di attuazione..” di questa “estensione soggettiva” anche se non è previsto un termine cogente per l’emanazione di tale decreto.

Attualmente i rischi catastrofali sono generalmente inseriti nelle polizze incendi delle imprese che coprono anche altri rischi. Le novità in arrivo con la legge spingeranno il mercato a proporre polizze stand alone per simili rischi oppure lo schema tradizionale verrà mantenuto anche nel nuovo contesto? Inoltre poiché la lista dei rischi catastrofali prevista dalla legge è limitata ad alcuni eventi (ed esempio non include le grandinate), fatta salva l’eventualità che la lista sia allungata dal previsto decreto applicativo ministeriale, il mercato assicurativo opererà con garanzie aggiuntive per consentire alle imprese, su base volontaria, una coperta assicurativa più robusta ed inclusiva?

La norma prevede che possano essere utilizzate anche polizze “stand alone” solo con gli eventi elencati. In sostanza, l’imprenditore, per rispettare la norma, potrebbe chiedere di essere assicurato anche solo verso quegli eventi, a prescindere dalla prassi operativa dell’impresa. Anzi, ricordo che a suo tempo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato intervenne per segnalare comportamenti che imponevano al cliente vendite abbinate RC Auto e CVT: certo, si trattava di tutelare per lo più clienti “persone fisiche”, però anche nel caso attuale, l’imprenditore potrebbe essere interessato ad avere coperture che siano limitate agli eventi previsti.

E poi ricordiamoci anche dell’art. 120-quinquies del d.lgs. n. 209/2006 Codice delle assicurazioni private (CAP) secondo il quale “Il distributore che propone un prodotto assicurativo insieme a un prodotto o servizio accessorio diverso da una assicurazione, come parte di un pacchetto o dello stesso accordo, informa il contraente dell’eventuale possibilità di acquistare separatamente le due componenti e fornisce una descrizione adeguata delle diverse componenti dell’accordo o del pacchetto e i giustificativi separati dei costi e degli oneri di ciascuna componente.”. Questa norma potrebbe essere richiamata, ad esempio, nel caso del Leasing dei macchinari a disposizione dell’imprenditore.

In ogni caso, più i rischi sono assunti in modo ampio e omogeneo dall’assicuratore, più diventano assicurabili a condizioni economicamente sostenibili per tutti. Quindi l’estensione alle consuete coperture incendio, potrebbe di fatto facilitare la loro assicurabilità.

Nello schema previsto dalla legge la Sace svolgerà un ruolo di riassicuratore proporzionale e non di ultima istanza. Questo potrebbe spingere all’insù il costo delle coperture assicurative per il fatto che le compagnie dirette, obbligate a fornire le coperture, dovranno considerare nel pricing anche eventi di magnitudo molto elevate?

L’intervento della Sace, previsto dal Legislatore, manifesta l’intenzione di mantenere la presenza dello Stato nella gestione degli eventi calamitosi. Tecnicamente, però, potrebbero intervenire alcuni problemi operativi. Innanzitutto derivanti dal costo delle convenzioni che verranno stipulate tra imprese e Sace che potrebbero condizionare la convenienza o meno di tale trasferimento di rischio. In tal senso a me è subito venuto alla memoria il meccanismo a suo tempo esistente delle c.d. “cessioni legali” che le imprese vita dovevano fare nei confronti dell’INA quando era ancora pubblica. Poi c’è il tema della “capacità di ritenzione” delle imprese assicurative che si collega ai limiti posti da Solvency II e dal ruolo di IVASS. In tal caso due osservazioni: la prima si riferisce alla possibilità, che era disciplinata in passato da un Regolamento di esenzione UE (n. 267/2010), di costituire consorzi di co-assicurazione o di co-riassicurazione. La normativa antitrust vieta la crescita in un determinato ambito (in tal caso, il mercato della domanda di coperture NatCat come definite dalla nuova normativa) oltre certi limiti pena la possibilità di rientrare nell’ipotesi di “posizione dominante” con i possibili rischi di “abuso” di tale posizione. Come si terrà conto di tale valutazione nel nuovo contesto? La seconda osservazione è relativa all’ipotesi in cui, teoricamente, le imprese potrebbero cominciare ad assicurare tutte le situazioni “meno rischiose” (ad esempio perché le imprese si trovano in zone non sismiche o al riparo da alluvioni, ecc..) raggiungendo la propria capacità di ritenzione secondo le regole Solvency II. A questo punto i rischi “più importanti” potrebbero restare senza copertura e lo Stato dovrebbe comunque farsene carico…Insomma il principio di mutualità dovrebbe essere sempre tenuto in considerazione nella valutazione complessiva… vedremo cosa diranno i decreti attuativi.

Molte grandi imprese attualmente collocano sul mercato londinese (o direttamente o attraverso la branch belga dei Lloyd’s ) le coperture catastrofali. Il nuovo schema pubblico potrebbe spingerle a rivolgersi al mercato assicurativo nazionale per poter usufruire della riassicurazione offerta dalla Sace? Quali considerazioni potrebbero influire nella scelta (carenza di capacità sul mercato londinese, prezzo della riassicurazione)? Il nuovo schema non ricorda un’altra forma di riassicurazione pubblica esistente nel passato?

Sì, come detto la normativa recata dalla Legge di Bilancio evoca schemi assicurativi del passato. Dipende molto dalla “convenienza” degli accordi di riassicurazione che verranno conclusi con la Sace. E poi a mio giudizio potrebbe esserci anche un riflesso per le imprese, soprattutto più grandi, che già oggi hanno internalizzato il rischio attraverso schemi di Self Insurance retention – SIR (come ad esempio accade nella Medical malpractice per le aziende ospedaliere…). Tale pratica, sarà ancora compatibile con quanto previsto dalla nuova normativa? Dovranno “per forza” assicurare i rischi che hanno già considerato come sopportabili attraverso idonei appostamenti finanziari interni? Il problema poi è anche quello che è derivato dalla Brexit: Londra è ormai considerato territorio “terzo” rispetto alla Ue con problemi operativi non da poco…Vedremo.

In ogni caso personalmente vedo molte opportunità per i Broker in un ambito dove la loro competenza nella valutazione dei rischi e nel fornire consulenza alla clientela potrebbe essere veramente sfruttata molto. E la crescita di consapevolezza potrebbe essere anche molto utile all’innovazione dei prodotti assicurativi offerti nell’ottica di favorire comportamenti sempre più sostenibili e resilienti degli assicurati verso fenomeni collegati al climate change che potrebbero anche portare a una maggior differenziazione nell’offerta che sia premiante verso comportamenti più virtuosi e attenti ai cambiamenti in atto.

Usiamo i cookie per darti la migliore esperienza d'uso possibile.