Salute mentale: i Paesi spendono meno del 2% del budget sanitario

Prendiamo una cartina geografica e immaginiamo, magari con un software di fotomontaggio, di copiare e incollare per 16 volte l’Italia sulla superficie del mondo, coprendo parti di mare, oceano e terre emerse.

La mappa che otterremmo rappresenterebbe, indicativamente, la diffusione dei disturbi mentali nella popolazione mondiale, di cui soffre ben un miliardo di persone.

È uno dei dati, estremamente eloquenti, che emerge da una delle fonti più autorevoli sul tema, il Rapporto World Mental Health dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Ansia e depressione sono le problematiche più diffuse. Fenomeni, trend, questi, di cui peraltro la pandemia ha moltiplicato l’incidenza.

Statistiche alla mano, infatti, prima dell’arrivo del Covid-19 la cosiddetta depressione maggiore o disturbo depressivo maggiore riguardava circa 193 milioni di persone; dopo la pandemia, la quota è salita a 246, con un aumento del 28%. Non dissimile il discorso per l’ansia, cresciuta da 298 milioni a 374, con un aumento del 26%.

Dai dati traspaiono differenze di genere, con le donne mediamente più colpite rispetto agli uomini, probabilmente perché più esposte alle ricadute sociali ed economiche della pandemia. In parallelo, fortissimo è anche l’effetto sui giovani e gli adolescenti, che hanno risentito in modo drammatico dei lockdown prolungati.

L’Italia non diverge da questi trend, anzi gli studi fotografano un’impennata di queste sintomatologie a seguito della pandemia, segnalando la presenza di un diffuso malessere tra la popolazione, con effetti diretti anche sulla qualità della vita.

In media tuttavia, rileva l’OMS, i paesi dedicano meno del 2% del budget sanitario ai disturbi mentali. E secondo le stime della Lancet Commission – effettuate prima della pandemia, peraltro – questi disturbi, in assenza di una risposta efficace, arriveranno a costare all’economia 16 trilioni di dollari nel 2030.

Di salute mentale e del ruolo delle assicurazioni e dei broker in questo ambito ha parlato anche il Presidente Flavio Sestilli a Sanità Next, l’approfondimento settimanale di Class CNBC che recentemente ha dedicato un focus proprio a questo tema di grande rilevanza e attualità.

Assicurabilità delle persone con disabilità e assicurabilità delle malattie mentali

Il ruolo dei broker è far emergere i bisogni che si manifestano nella società, studiarne la loro evoluzione e sollecitare attenzione e opportune risposte dal mercato assicurativo. La salute, psichica come quella fisica, è un bisogno primario a tutela dell’essere umano e un diritto fondamentalo stabilito dalla Costituzione e dalle norme internazionali” – ha spiegato il Presidente.

Quando parliamo di salute mentale dal punto di vista assicurativo bisogna fare una distinzione fondamentale. Due punti: da un lato l’assicurabilità delle persone con disabilità, tra cui le disabilità psichiche. Dall’altro l’assicurabilità delle malattie mentali.

Riguardo al primo punto esiste una Convenzione delle Nazioni Unite del 2006, recepita dal legislatore italiano nel 2009 e riconosciuta e ratificata in Europa nel 2011. C’è il principio di non discriminazione: le imprese di assicurazioni non sono autorizzate ad applicare condizioni diverse da quelle degli altri clienti. C’è però un “se”: se non in presenza di specifiche statistiche che attestino una più alta incidenza degli infortuni, delle malattie. Quindi il disabile mentale è maggior soggetto a malattie e infortuni rispetto agli altri assicurati? Non c’è una risposta certa e sicura della scienza medica.

C’è poi l’assicurabilità delle malattie mentali, su cui c’è tanta strada da fare da questo punto di vista. Anche perché è complesso trovare coperture sanitarie adatte a questi rischi.”

Quale ruolo per gli intermediari?

L’incidenza dei disturbi psichici e dei disagi mentali è purtroppo in aumento. Ritengo che la salute psichica rappresenti una grande opportunità più che un problema per il nostro Paese, dipende da che punto di vista la si guarda.

Le soluzioni vanno cercate su più fronti: prevenzione, sensibilizzazione, cultura, formazione, e più di tutti collaborazione fra soggetti, Servizio Sanitario Nazionale, istituzioni, assicurazioni.

Abbiamo ancora tanta strada da fare, anche perché il bisogno di protezione sta evolvendo velocemente.

Il nostro ruolo è far emergere rischi che non sono ancora ben recepiti dagli assicuratori e cercare di portarli a tavoli di lavoro e confronto. Con il nostro Convegno lo scorso anno abbiamo avviato un processo in questa direzione, occorre lavorare tutti insieme per individuare risposte efficaci”.

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