“La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un servo fedele. Abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono” (A. Einstein)
Sono passati quasi duecento anni dalla nascita di Jules Verne, il visionario scrittore francese che ha saputo, nella sua prolifica produzione letteraria, concretizzare la propria fantasia in indimenticabili romanzi avventurosi e immaginifici. Le affascinanti peripezie del capitano Nemo, di Phileas Fogg e di tutti i protagonisti dei suoi viaggi fanno parte del profondo “sentire” di tante generazioni. Ricordo che quando, da ragazzo, avevo scoperto che l’autore del Giro del mondo in 80 giorni non era italiano avevo provato un’irrazionale delusione.
Nessuno discute le sue incredibili capacità di narratore, anche la critica più intransigente ha smesso di relegare le sue opere nella limitante categoria della letteratura d’avventura, mentre resta oggetto di discussioni e confronto la sua presunta (?) visionarietà.
Oltre cento anni prima dello sbarco dell’Apollo 11 sul Mare della Tranquillità, Verne pubblicò Dalla Terra alla Luna (1865), uno dei suoi libri più famosi, in cui immaginava navicelle spaziali, costituite in moduli, che alimentate dalla luce solare giungevano sul suolo del nostro satellite. Una tecnologia che esiste solo da pochi anni.
Nel meno celebre La giornata di un giornalista americano lo scrittore francese descrive il “fonotelefoto” uno strumento per parlarsi e vedersi a distanza, una sorta di precursore di Zoom, grazie alla trasmissione di immagini per mezzo di specchi sensibili connessi da cavi (…a qualcuno è venuta in mente la fibra ottica?).
Le spiegazioni di come questo borghese cresciuto in provincia, tra i vicoli di una cittadina sulle coste dell’Atlantico, possa essere riuscito ad anticipare di almeno un secolo i progressi della scienza e della tecnologia, è ancora oggi oggetto di confronto e analisi.
Sono state date interpretazioni alquanto fantasiose, persino di matrice esoterica, o sociopolitica, quale la sua – peraltro mai dimostrata – appartenenza a una loggia massonica che avrebbe avuto accesso a informazioni riservate. La più interessante è però – a mio avviso – quella sintetizzata da una frase di Rosalind Williams, una storica del MIT di Boston (probabilmente l’università di ricerca più importante al mondo) che, nel tentativo di normalizzarne la visionarietà, ne ha probabilmente sintetizzato l’interpretazione più esaltante: “Predisse molte cose che poi si sono avverate, ma solo perché leggeva molto, parlava con gli esperti e sapeva quel che stava succedendo nel mondo. Non c’è da sorprendersi. Non era magia ma intuizione”.
Verne aveva dunque “intuito”, grazie alle informazioni raccolte dalla sua vorace curiosità, quello che avrebbe potuto succedere, proponendolo con la sua penna ai lettori di tutto il mondo.
La predominante cultura del pensiero logico-matematico del ventesimo secolo, spesso assurta quasi a ortodossia religiosa (soprattutto nelle civiltà occidentali), ha permesso indubbiamente incredibili progressi scientifici e culturali ma anche, in qualche modo, limitato e svilito gli approcci meno teoretici alla realtà. Il pensiero intuitivo viene contrapposto alla logica, in un’antitesi senza senso, trattandosi di due preziosi strumenti che la neuroscienza riconosce presenti e attivi nel nostro cervello (gli studiosi ne hanno persino identificato la precisa, e diversa, collocazione sulla corteccia cerebrale) e che dovrebbero essere sfruttati insieme.
Spesso si sente alludere al fatto che il “sesto senso”, che altro non è che una definizione più romantica non solo della capacità d’intuizione ma anche e soprattutto della volontà di coglierne e utilizzarne le indicazioni, è spesso appannaggio del genere femminile. Si tratta di un’affermazione probabilmente corretta ma che non è conseguenza di un cromosoma: le donne, antropologicamente più vicine alla spiritualità, sono più permeabili al sentire intuitivo perché meno accecate dal pensiero logico unico.
Persino la psicanalisi è arrivata tardi, lo stesso Freud non aveva compreso la potenzialità della risposta della mente inconscia quale supporto concreto all’azione e al pensiero decisionale. Solo Jung – diversi anni dopo – porrà l’intuizione tra le quattro funzioni psicologiche primarie (insieme a pensiero, sensazione e sentimento): una sorta di capacità di conoscere e decidere, andando oltre, o meglio, parallelamente all’uso dei dati sensibili e dei ragionamenti razionali.
Contrapporre il sesto senso alla logica non ha alcun senso, così com’è invece necessario spogliarlo di misticismo e magia, lasciando forse solo quell’alone di mistero che invece permea ancora – e giustamente – tutto quanto è legato alle funzionalità dell’inconscio, una materia di cui si sa ancora davvero poco.
Nel corso della nostra vita, forse addirittura da qualche mese prima di nascere, accumuliamo una quantità enorme d’informazioni, dirette e indirette, fisiche, psichiche e mentali che utilizziamo sia razionalmente che in modo del tutto istintivo, forse persino più coerente perché agito velocemente e senza filtri. Riflessi del nostro essere più autentico.
Riceviamo un’educazione che ci porta a essere ponderati ma, spesso, nei momenti di necessità, di overloading informativo, di status emotivo alterato e, soprattutto, dove sia necessaria una reazione rapida fidarsi dell’istinto (altro sinonimo) è l’unica soluzione.
Il Riken Brain Science Institute, un importante centro di studi giapponese sulle neuroscienze ha compiuto una ricerca sui giocatori di SHOGI, uno strategy-game molto simile ai nostri scacchi ma più articolato, in cui la complessità e la velocità necessaria è tale da rendere impossibile per la mente umana prevedere razionalmente ogni possibile evoluzione, che ha evidenziato come i più esperti (i campioni diremmo noi) seguono un flusso istintivo.
Accettano quello che anche noi facciamo – vi sarà capitato – quando attraversando degli scogli ci accorgiamo di non decidere dove appoggiare il piede ma seguire una decisione automatica del nostro corpo che agisce in base alla propria esperienza, senza chiedere alla ragione.
Il sesto senso diviene un “trova” nell’immensità dei dati nell’inconscio, di quanto utile a definire una risposta adeguata. Il nostro cervello non riesce a portare alla luce ogni informazione ma non improvvisa mai e non delega al cuore o all’anima, intuisce cosa fare, e agisce una risposta.
Alcuni studiosi della Washington University di St.Louis sono arrivati ad affermare che il sesto senso sarebbe in grado di avvertire la zona cerebrale preposta alla ragione di possibili pericoli, di attivare allarmi.
L’invito che consegue da tutti questi studi e forse anche un po’ dai segnali che ci dà il nostro corpo, è di ascoltare di più questa straordinaria risorsa. Una sorta di pilota automatico, settato grazie a tutte le nostre esperienze, che può diventare un arma straordinaria di successo e una lente che permette di guardare più lontano.
L’intuizione presenta altre due caratteristiche piuttosto inaspettate. Innanzitutto si può “allenare”, meglio coltivare, permettendo alla voce interiore di uscire e di farsi ascoltare grazie a una maggiore attenzione al proprio sentire, accettando anche i rischi che ne derivino, osando in misura maggiore.
Il secondo aspetto peculiare è il periodo della propria vita in cui è più facile accedere all’intuizione e utilizzarla. Non parliamo né dell’età della formazione e del dubbio, né del periodo della cosiddetta saggezza ma della fase intermedia della vita in cui il sesto senso può essere più facilmente ascoltato e utilizzato: tra i 40 e 60 anni.
Sviluppare e coltivare questa straordinaria capacità può fornire – in tutti i campi – idee brillanti ed essere origine di creazione innovativa proprio nel momento di massima potenza e operatività esecutiva.
Seguire questa luce che si accende nella mente permette di non soffermarsi sui dettagli ma comprendere lo scenario complessivo, sia interiore che esteriore.
La scelta di utilizzare quel sesto senso che tutti noi abbiamo – e che ripetiamo, con buona pace degli amanti dell’esoterico, non ha nulla di magico – significa utilizzare tutte le informazioni del nostro “hard disk”. Difficile immaginare una scelta più razionale, che vale sia per la propria percezione interna che per il superamento di dubbi che l’ambiente, prima di tutto quello del lavoro, ci propone.
È noto come molte delle più grandi scoperte scientifiche siano iniziate proprio da un’intuizione, così come le più visionarie imprese imprenditoriali, persino politiche.
Lasciamo spazio al nostro sesto senso, non ci deluderà.
A cura di Antonio Invernici – BLUE Underwriting Agency S.r.l.